Controlli fiscali sui versamenti in contanti: l’importanza della causale e della documentazione
Versare contanti sul conto corrente è una pratica comune, ma può facilmente attirare l’attenzione del Fisco se non si presta attenzione alla corretta indicazione della causale e alla documentazione di supporto. L’Agenzia delle Entrate, infatti, monitora con attenzione i movimenti bancari sospetti, soprattutto quelli che non trovano riscontro nella dichiarazione dei redditi, per individuare potenziali redditi occultati o attività illecite. Ecco cosa è importante sapere per evitare controlli e problematiche fiscali.
Secondo l’articolo 32 delle disposizioni sull’accertamento delle imposte sui redditi, banche e uffici postali sono obbligati a fornire annualmente all’Agenzia delle Entrate tutte le informazioni sui conti correnti dei contribuenti. Questo consente all’Amministrazione finanziaria di individuare “operazioni sospette” che possono far scattare indagini approfondite.
In particolare, versamenti consistenti o frequenti in contanti, o bonifici senza causale chiara, possono essere interpretati come segnali di redditi non dichiarati o di attività illegali, come il lavoro nero. In questi casi, l’Agenzia può procedere a controlli bancari per verificare la congruità delle dichiarazioni fiscali con i movimenti finanziari.
Per ogni versamento, è fondamentale poter dimostrare la provenienza lecita del denaro con prove documentali certe, altrimenti si corre il rischio che quelle somme vengano considerate redditi imponibili.
Anche se la legge non impone una causale obbligatoria per i bonifici, indicare una causale chiara e dettagliata è essenziale per evitare sospetti fiscali. La causale deve spiegare il motivo del trasferimento di denaro e contenere riferimenti temporali precisi.
Ad esempio, per un pagamento di affitto, una causale corretta potrebbe essere:
“Canone di locazione luglio 2025”.
Se si tratta di una fattura, è consigliato indicare il numero e l’oggetto, come:
“Fattura n. 23, acquisto lenti a contatto mensili”.
Questa pratica ha due scopi:
– di carattere pratico, per tenere traccia delle operazioni e facilitarne la gestione;
– di carattere probatorio, per giustificare l’operazione in caso di accertamenti fiscali.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 16850 del 19 giugno 2024, ha ribadito che la mancata giustificazione dei versamenti può legittimare un accertamento bancario, facendo scattare la presunzione che tali somme siano redditi non dichiarati.
Il Fisco è particolarmente attento ai versamenti in contanti, poiché non tracciabili e potenzialmente di dubbia provenienza. In caso di accertamento, il contribuente deve fornire un’adeguata “prova documentale” per dimostrare che il denaro proviene da fonti lecite, come donazioni, prestiti, vincite o risparmi.
Ad esempio:
– Per un prestito concesso a terzi, è fondamentale disporre di un contratto di mutuo scritto e con data certa, ottenuta tramite registrazione all’Agenzia delle Entrate, invio tramite PEC o autenticazione notarile.
– In caso di donazioni, una ricevuta firmata e autenticata dal notaio può rafforzare la posizione.
– Per vincite al gioco, serve la documentazione ufficiale dell’ente concessionario che attesti la vincita e il pagamento, comprensiva della certificazione fiscale.
La Corte di Cassazione ha chiarito che il contribuente deve dimostrare, per ogni singolo versamento, che le somme non derivano da redditi imponibili, fornendo prove analitiche e dettagliate (sentenze n. 17413/2022 e n. 24367/2021). Se non si riesce a giustificare, l’Agenzia delle Entrate può emettere un avviso di accertamento con richieste di pagamento e sanzioni.
Alcuni versamenti, anche se non riportati in dichiarazione, non sono considerati redditi e non sono tassabili, purché documentati:
– prestiti ricevuti,
– donazioni tra genitori e figli fino a 1 milione di euro,
– donazioni tra fratelli e sorelle fino a 100.000 euro,
– donazioni di modico valore,
– ricavi dalla vendita di beni usati senza plusvalenza,
– vincite da gioco o scommesse (già tassate alla fonte),
– risarcimenti per danni morali o biologici.
In questi casi, il contribuente deve comunque essere in grado di dimostrare la natura non imponibile delle somme versate.
Queste indicazioni rappresentano un elemento cruciale per una corretta gestione dei flussi di denaro sui conti correnti, in un contesto normativo sempre più attento alla trasparenza e alla lotta all’evasione fiscale.