
Leasing, banca condannata: dovrà restituire 869mila euro per interessi non trasparenti
Una sentenza storica emessa dal Tribunale di Roma ha stabilito l’obbligo per una banca di restituire quasi un milione di euro a una società cliente, a seguito della nullità di clausole contrattuali poco trasparenti in un contratto di leasing immobiliare. La decisione, che segna un importante precedente nel diritto bancario italiano, riguarda la mancata indicazione chiara degli interessi applicati nel finanziamento per l’acquisto di un immobile.
Il caso e la sentenza sul leasing immobiliare
La controversia ha origine da un contratto di leasing sottoscritto da una società per l’acquisto di un immobile, in cui risultavano applicate clausole sugli interessi finanziari che non rispettavano i principi di trasparenza previsti dalla normativa vigente. In particolare, il contratto indicava soltanto il tasso annuo nominale (TAN), senza fornire il tasso annuo effettivo globale (TAEG) né un piano di ammortamento dettagliato con l’indicazione delle singole rate, del capitale e degli interessi. Questo ha reso di fatto indeterminabile l’effettivo onere finanziario a carico del cliente.
Con la sentenza n. 9363 del 23 giugno 2025, il Tribunale di Roma ha accolto le ragioni dell’azienda, rappresentata dagli avvocati Antonio Pinto e Antonio Amendola, dichiarando nulle le clausole contrattuali relative al tasso di interesse per mancanza di una chiara indicazione del costo effettivo del finanziamento. Si tratta di un’applicazione rigorosa dell’articolo 117 del Testo Unico Bancario (TUB), che impone che ogni tasso di interesse debba essere determinato o almeno determinabile.
Applicazione dei tassi sostitutivi e ripercussioni economiche
Secondo quanto previsto dall’articolo 117, comma 7, del Testo Unico Bancario, in assenza o inesattezza delle indicazioni sui tassi di interesse, si applicano i tassi sostitutivi legali basati sui rendimenti dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) o di titoli equivalenti emessi nei dodici mesi precedenti. Questa norma ha consentito ai giudici di sostituire il tasso originario con un tasso più favorevole al cliente.
L’effetto pratico della sentenza comporta per la banca l’obbligo di restituire alla società circa 869 mila euro di interessi pagati in eccesso nel corso del leasing, oltre a dover applicare d’ora in avanti il tasso sostitutivo più basso per tutta la durata residua del contratto. Inoltre, la banca è stata condannata a sostenere metà delle spese legali del procedimento, a seguito del parziale accoglimento delle istanze della società.
La posizione del Tribunale su usura e clausola floor
Non tutte le richieste dell’azienda sono però state accolte. Il Tribunale ha infatti respinto la denuncia di usura relativa agli interessi di mora, cioè le penali previste per ritardi nei pagamenti, ritenendo che le percentuali applicate non superassero le soglie di legge previste per l’usura. Inoltre, è stata confermata la validità della clausola floor presente nel contratto, che fissava un tasso minimo del 3,37% su un leasing a tasso variabile.
L’avvocato Antonio Pinto ha spiegato a MF-Milano Finanza che la sentenza rappresenta un importante equilibrio tra tutela del cliente e legittimo interesse degli intermediari finanziari. «Da un lato», ha dichiarato, «si rafforzano i diritti degli utenti contro contratti poco trasparenti, dall’altro si riconosce che le banche possono inserire clausole di salvaguardia, come il floor, purché siano formulate in modo chiaro e corretto».
Questa decisione costituisce dunque un precedente rilevante nel panorama bancario italiano, richiamando istituti di credito e società finanziarie a una maggiore chiarezza nelle condizioni contrattuali e rassicurando il mercato sulla legittimità di alcune clausole tecniche se rispettano la normativa.
Tribunale di Roma, con la sentenza del giugno 2025, ribadisce così l’importanza della trasparenza nella comunicazione degli interessi nei contratti di leasing finanziario, sottolineando che la tutela dei consumatori e degli utenti finanziari passa anche attraverso il rispetto scrupoloso delle norme sul corretto calcolo e indicazione degli oneri finanziari.
Il caso si inserisce in un più ampio contesto di crescente attenzione da parte della magistratura verso pratiche bancarie che possono risultare opache o svantaggiose per i clienti, stimolando l’adozione di contratti più chiari e una maggiore responsabilità degli intermediari.
La decisione del Tribunale di Roma conferma inoltre il ruolo fondamentale del Testo Unico Bancario (TUB) nel regolamentare i rapporti tra banche e clienti, applicando efficacemente strumenti normativi come i tassi sostitutivi e garantendo il rispetto dei principi di equità e trasparenza contrattuale.